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Locus desperatus: A tutti, prima o poi, Ã¨ toccato separarsi da qualcosa che reputavamo soltanto nostro: ma senza ciÃ² che ci appartiene sapremmo ancora dire chi siamo davvero? Il protagonista di questo romanzo abita un appartamento arredato con grande gusto e altrettanta paranoia, due caratteristiche da cui Ã¨ difficile liberarsi. Soprattutto nel momento in cui si riceve un'improvvisa richiesta di sfratto, che sembra avere una genesi ultraterrena... Del resto, una casa stregata puÃ² essere una maledizione, oppure l'occasione per comporre un inventario del proprio passato. Â«Ridotto cosÃ¬, ero re: delle mie cose, delle mie collezioni, dunque di me, che in quelle collezioni avevo sistematicamente trasferito ogni mia piÃ¹ intima particolaÂ». In filologia, il locus desperatus indica un passo testuale corrotto e insanabile, per il quale il filologo Ã¨ costretto a gettare la spugna contrassegnandolo con la cosiddetta Â«croce della disperazioneÂ». E a dare l'avvio a questa storia Ã¨ proprio una piccola croce, disegnata nottetempo con un gessetto su una porta. Un mattino, uscendo dal suo appartamento, il protagonista nota quel segno appena sopra lo spioncino dell'ingresso di casa: chi puÃ² essere stato a farlo, e che significato ha? L'uomo cancella la croce, ma il giorno seguente, e poi quello ancora successivo, il segno ricompare implacabile. Il mistero s'infittisce quando al residente viene imposto uno scambio: qualcuno prenderÃ il suo posto, e lui dovrÃ giocoforza trasferirsi. Ma cambiando abitazione sarÃ costretto a cambiare anche identitÃ : tutte le cose dentro l'appartamento, infatti, dovranno a loro volta