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Descrizione del libro

Nell'opera di Frantz Fanon, racchiusa in un periodo di pochi anni (1951-1961), prendono voce temi decisivi che non smettono d'interrogare il dibattito sulla condizione postcoloniale: le contraddizioni delle borghesie nazionali negli anni dell'indipendenza, lo spettro del razzismo e la sua oscura riproduzione nello Stato moderno, la costruzione della soggettivitÃ africana. Con l'ostinazione di chi aveva scritto "Ci sono troppi imbecilli su questa terra, e poichÃ© lo dico, si tratta di provarlo", nei lavori qui raccolti, per buona parte mai tradotti in italiano, Fanon ripercorre con altrettanta sistematicitÃ le teorie psichiatriche e psicanalitiche dell'epoca. La sua Ã¨ urÃ¬ar-cheologia sovversiva che, di quelle teorie, rivela limiti e paradossi: un'etnologia critica dell'Occidente. Con toni a tratti profetici, i suoi scritti disegnano una fenomenologia politica del corpo coloniale nella quale affiorano molti dei problemi con i quali si misurano oggi l'etnopsichiatria e l'antropologia mÃ¨dica critica: la violenza quotidiana e invisibile che secerne la sofferenza dei dominati, il difficile incontro fra il clinico occidentale e il corpo inquieto dell'immigrato, Yeconomia morale delle sue menzogne. La psichiatria, chiamata da Fanon a riconoscere che Ã¨ "impossibile guarire" in un contesto di oppressione e di arbitrio, Ã¨ invitata in queste pagine a interrogare conflitti e omissioni, e a confrontarsi con l'enigma politico della differenza, della malattia e della cura.