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Descrizione del libro

Attraverso un confronto tra il Requiem di Brahms e Un sopravvissuto da Varsavia di SchÃ¶nberg, Schalom Ben-Chorin introduce il lettore ad una intensa riflessione su consolazione e Dio dopo Auschwitz. Come se nel passaggio dalla musica consolatoria di Brahms alla dolente atonalitÃ di SchÃ¶nberg si potesse sorprendere la cifra di una frattura teologica. Per Ben-Chorin la risposta alla ricerca di consolazione sta nella frase di Giobbe: Â«Mi metto la mano sulla boccaÂ». Alla fine c'Ã¨ il Dio muto che non cessa, per questo, di essere Dio, ma non puÃ² venir utilizzato per le esigenze umane di sicurezza. Dopo la ShoÃ , Â«la consolazione non puÃ² mai piÃ¹ risolversi nel dolce alone di parole confortanti, bensÃ¬ deve sussistere nel mantenimento delle contraddizioniÂ». Nelle pagine di Ben-Chorin dedicate alla ShoÃ il silenzio divino si fa palpabile, paradossalmente udibile, proprio in quanto eco del grido umano, in quanto, cioÃ¨, luogo della nostra infinita interrogazione, della nostra richiesta inevasa di senso, della nostra domanda di un'impossibile consolazione. (Massimo Giuliani)